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Salario minimo, istruzioni per l’uso

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Per parlare di salario minimo orario è fondamentale intendersi sulla sua definizione. Sembra una cosa scontata, ma non lo è affatto. “Anzitutto dobbiamo ricordarci che in Italia il salario orario non esiste nei contratti, lo possiamo calcolare solo a posteriori. Nei ccnl c’è infatti una grandezza netta mensile – quella che tutti noi abbiamo in mente –, ma non il dettaglio sulla singola ora, alla quale poi bisognerebbe aggiungere le altre garanzie come ferie, straordinari, 13esima e 14esima mensilità, Tfr. Insomma, occorre fare molta attenzione: una cosa è l’ora retribuita, altra cosa è’ l’ora lavorata”. A dirlo è Lorenzo Birindelli, esperto di mercato del lavoro e autore di un dettagliato report appena pubblicato dalla Fondazione Di Vittorio in cui si fa il punto sulle audizioni in corso sul salario minimo orario e sul confronto su questo tema tra governo e parti sociali.

Uno dei nodi principali, a suo giudizio, è “dove” si intenderebbe posizionarlo. “Se rimanesse avulso dai contratti nazionali – sottolinea l’esperto –, si rischierebbe uno scenario abbastanza apocalittico che aprirebbe le porte a una specie di ‘salario-libera tutti’. La conseguenza sarebbe che, per coprire la platea poco numerosa che oggi sta al di sotto del minimo, si trascinerebbero al ribasso le retribuzioni tra i 1.300 e i 1.600 euro, cioè quelle un po’ sopra il minimo, nei settori deboli come il retail, la logistica o in tutto il sistema degli appalti, dove la concorrenza al ribasso produrrebbe rapidamente questo effetto. Un bel rischio anche per le casse per dell’Inps. Altra cosa è immaginare un salario minimo all’interno della cornice dei contratti nazionali, per garantire, ad esempio, i salari di ingresso”.

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