Cervelli di ritorno in Italia, la metà è già ripartita per l’estero
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OMA – I cervelli che hanno riassaporato il rientro in Italia stanno ripartendo. Settemila (e trentatré) su quattordicimila, tornati negli ultimi otto anni in università ed enti di ricerca nazionali, alle professioni private altamente qualificate – grazie alle agevolazioni fiscali che si sono succedute dal 2010 -, ora hanno scelto di riapprodare in un ateneo nordeuropeo, un laboratorio londinese, una multinazionale con sede lontana sia da Roma che da Milano.
Un report costruito dal Gruppo Controesodo racconta come dal 2011 al 2017, seguendo i dati dell’Agenzia delle Entrate, ogni anno sono rientrati in Italia duemila top workers in media, di cui una parte (residuale) professori e ricercatori pubblici.
Metà ha riassaggiato il nostro Paese ed è tornato all’estero.
La “seconda fuga” è dettata da tre ordini di motivi. Un’offerta di lavoro irrinunciabile, per esempio, per professionisti abituati per biografia all’internazionalizzazione. Ancora, una nostalgia per le buone pratiche scoperte nel resto d’Europa