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Addio ad Ezio Bosso, sfidò i pregiudizi e commosse il mondo

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“Per favore non chiedetemi più di suonare, due dita non rispondono”. Così il maestro Ezio Bosso lo scorso autunno aveva gelato tutti; stretto nella morsa della sua malattia neurodegenerativa che lo aveva ridotto su una sedia a rotelle e gli ostacolava anche la parola è morto oggi all’età di 48 anni dopo anni passati alla tastiera sotto i riflettori, diventato un simbolo di forza, passione, coraggio.

Dicevano “un figlio di operaio non può diventare direttore d’orchestra” e lui invece lo diventò. Gli facevano sentire che la malattia sarebbe sempre stata un ostacolo al successo e invece in tv diventò ospite frequente riscuotendo un grande successo, riuscendo a parlare a ogni tipo di pubblico. Ha raccontato tutto, tutti gli ostacoli messi sulla sua strada dai pregiudizi nell’ambiente della musica classica.

Autoironico, diretto, odiava essere definito un personaggio e il pietismo; amava la vita nonostante tutto spinto da vivacità e curiosità intellettuali; è stato anche un compositore e fondatore di un’orchestra. Grande divulgatore, cercava di spiegare che Beethoven e Cajkovskij possono aiutare a stare meglio. Amava anche il rock, considerava i generi relativi.

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