COVID19 e HIV: nessun collegamento terapeutico tra le due “pandemie gemelle”, né per contagi né per conseguenze. Test in diminuzione, ma aumenta la telemedicina
STUDIO DIESSECOM – COMUNICATO STAMPA
“Studi internazionali documentano un calo di test effettuati, a fronte di una costanza nell’erogazione dei servizi forniti. Gli studi inoltre indicano che nelle persone con HIV COVID19 non ha un decorso più grave. Incoraggianti i risultati della telemedicina. Sono aumentati del 50%, infatti, le consultazioni online”, dichiara il Prof. Andrea Antinori, Direttore di Immunodeficienze Virali allo Spallanzani di Roma
L’emergenza sanitaria da COVID19 ha avuto serie ed evidente ripercussioni anche sul fronte della sanità pubblica e sulla battaglia contro altre malattie, specie quelle croniche. E, di conseguenza, anche sul fronte delle malattie sessualmente trasmissibili. Parlando dell’HIV, dagli USA e a livello globale, studi scientifici e sondaggi hanno dimostrato una riduzione significativa di accesso ai test, nonostante sia stato comunque mantenuto l’accesso ai servizi. Una situazione analoga, sebbene non esistono al momento studi specifici e dati ufficiali a riguardo, potrebbe avvenire in Italia.
COME IL COVID19 HA INFLUENZATO LA LOTTA CONTRO L’HIV – “Non siamo ancora in grado di sapere se l’impatto della pandemia da COVID19 abbia comportato conseguenze nell’assistenza alle persone con HIV – dichiara il Prof. Andrea Antinori, Direttore di Immunodeficienze Virali allo Spallanzani di Roma – Se fossero confermati i dati sulla riduzione dei test anche in Italia, va capito de questo fenomeno possa essere ricondotto alla riduzione degli spostamenti durante e successivo al lockdown, o se dipende da una effettiva riduzione di comportamenti a rischio, o ancora se da una difficoltà di accesso alle strutture, impegnate ad affrontare la battaglia della pandemia”.
“L’esperienza internazionale infatti rivela un evidente calo di test effettuati, come dimostrato da dati americani e da una recente survey del WHO in 140 paesi. In Italia non disponiamo ancora di dati ufficiali sui test HIV in era COVID19, anche se in sede di congresso ci saranno interessanti novità su questo argomento. Quello che possiamo dire è che c’è stata una continuità dei servizi erogati, sebbene con alcune restrizioni per quanto riguarda le attività ambulatoriali, limitate nella fase di lockdown alle attività essenziali non differibili. Anche oggi le prestazioni ambulatoriali alle persone con HIV devono adempiersi con tutte le norme di sicurezza al momento richieste, dalle distanze di sicurezza alla sanificazione, evitando il sovraffollamento degli ambulatori. Una notizia positiva, invece, riguarda i risultati della telemedicina, che si dimostra metodica sempre più implementata nel setting HIV, e anche gradita dai pazienti. Sono aumentati del 50%, infatti, le consultazioni online, grazie anche a piattaforme sempre più evolute, i cui servizi sono migliorati anche durante la pandemia stessa. Questi nuovi strumenti saranno indubbiamente validi anche al termine dell’attuale situazione d’emergenza, purché non si comprometta la qualità e la professionalità del servizio offerto”.
LE TERAPIE HIV E COVID19 – Sul fronte delle terapie, due le osservazioni che gli specialisti di ICAR sottolineano. All’inizio della pandemia da COVID19, infatti, si era discusso molto sulla possibilità che alcuni farmaci antiretrovirali potessero funzionare contro il coronavirus in questione, in special modo il Lopinavir/ritonavir e il darunavir/cobicistat. Ma i risultati degli studi, sin dai primi mesi della pandemia, hanno purtroppo dimostrato che gli inibitori delle proteasi di HIV non sono efficaci contro il COVID19. In tal senso è importante che non vengano modificate le terapie anti-HIV nella speranza di potersi proteggere dall’altra infezione. E’ inoltre importante sottolineare, inoltre, che la malattia da COVID19 non ha ripercussioni più gravi, come dimostra la quasi totalità degli studi internazionali finora effettuati, anche nei pazienti immunodepressi, in particolare per i pazienti sieropositivi. “Al momento non sono state rilevate – conclude il Prof. Antinori – conseguenze più gravi e decorsi diversi rispetto ai malati con COVID19 non HIV”.
IN ITALIA ICAR È L’ATTESO APPUNTAMENTO PER CAPIRE HIV E COVID – Se ne parlerà durante la 12a edizione del Congresso ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, sino a venerdì 16 ottobre. L’appuntamento si conferma come punto di riferimento per la comunità scientifica nazionale in tema di HIV-AIDS, Epatiti, Infezioni Sessualmente Trasmissibili e virali. ICAR è organizzato sotto l’egida della SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, di tutte le maggiori società scientifiche di area infettivologica e virologica e del mondo della community. Il Congresso, quest’anno in versione digitale in modalità webinar, sarà presieduto dal Prof. Massimo Clementi, Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano; da Sandro Mattioli, Presidente Plus; dalla Prof.ssa Cristina Mussini, Professore Ordinario di Malattie Infettive presso l’Università di Modena e Reggio Emilia; il Prof. Guido Silvestri, professore ordinario di Patologia Generale alla Emory University di Atlanta; il Presidente SIMIT Marcello Tavio.
DIAGNOSI TARDIVE E PrEP LE URGENZE DI ICAR 2020 – Con la formula digitale cambiano le modalità, ma restano intatti gli obiettivi, il programma annunciato precedentemente e le caratteristiche che hanno sempre contraddistinto ICAR: un Congresso abstract-driven, con una forte interazione tra ricerca di base, translazionale e clinica, ispirato dalla necessità di un linguaggio comune tra comunità scientifica, dei pazienti, particolare attenzione verso i giovani ricercatori, il personale sanitario non-medico, la Community, la società civile.
“Il Congresso ICAR di quest’anno è la dimostrazione di come il mondo infettivologico sia dotato di grande resilienza – evidenzia la Prof.ssa Mussini – Nonostante lo tsunami legato al Covid, siamo qua a parlare di temi altrettanto rilevanti come l’infezione da HIV. Siamo riusciti a fare un convegno che ha portato come sempre il paziente al centro: verrà posta l’attenzione su tutto il percorso che riguarda l’infezione da Hiv. Ci soffermeremo sull’importanza della PrEP, che finalmente si sta implementando anche in Italia, sebbene ancora non venga rimborsata dallo Stato. Porremo l’accento sulla gravità delle diagnosi tardive. Torneremo ad analizzare la grande novità del 2019, U=U, Undetectable=Untransmittable, Non rilevabile=Non trasmissibile, l’acronimo che sintetizza l’importante evidenza scientifica secondo cui l’HIV non viene trasmesso all’interno di coppie in cui un partner è HIV positivo e uno HIV negativo se la viremia del partner HIV positivo non è più determinabile nel sangue, grazie alla corretta assunzione di un’efficace terapia antiretrovirale”.
“ICAR 2020 ha una valenza particolare – sottolinea l’altro presidente Prof. Massimo Clementi – Si tiene in parallelo ad una pandemia virale che ci impegna tutti assieme ai sistemi sanitari del mondo e ha avuto effetti devastanti sulla economia, sul diritto all’istruzione e sulla psicologia delle persone. Ma proprio dai temi dell’ICAR 2020 può venire lo spunto che porta alla soluzione. La fiducia nella scienza è l’unica arma, infatti, che l’uomo ha per vincere sfide grandiose. Le sfide poste dall’infezione da HIV, dall’infezione da HBV e da HCV sono state solo le ultime battaglie. Non c’è alcun dubbio che vinceremo anche quella contro SARS CoV-2. La dimostrazione indiretta verrà dai temi TRATTATI, specie quelli collegati al trattamento farmacologico e al controllo dell’infezione nei soggetti in terapia e dai risultati raggiunti”.