Lavoratori in prova: regole e contratto
pmi.it – urly.it/38sgg
Nella stipula del contratto di lavoro, azienda e neo-assunto possono prevedere un periodo di prova (patto di prova) per verificare la convenienza reciproca alla prosecuzione del rapporto: il datore di lavoro valuta l’idoneità professionale del lavoratore a svolgere le mansioni specificate nel contratto, mentre il lavoratore accerta in concreto la propria attitudine allo specifico impiego.
=> Retribuzione lavoro nel periodo di prova
Il periodo di prova può essere pattuito nell’ambito di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato: tempo determinato, inserimento e apprendistato. Inoltre, può essere apposto ai contratti di lavoro stipulati con domestici, dirigenti, giornalisti e lavoratori invalidi assunti con il sistema del collocamento obbligatorio (quote di riserva per categorie protette).
Per legge, la durata massima della prova è sei mesi per tutti i lavoratori (art. 10 legge n. 604/1966), tre mesi per gli impiegati non aventi funzioni direttive (art. R.D.L n. 1825/1924).
I contratti collettivi, poi, determinano la durata del periodo di prova entro i limiti di legge distinguendo in alcuni casi tra operai ed impiegati, prevedendo in genere periodi inferiori rispetto ai limiti legali e stabilendo il criterio di calcolo dei giorni. Fermo restando il limite legale, pertanto, nel contratto individuale i termini previsti dalla contrattazione collettiva possono essere ridotti o aumentati.