Vigili del fuoco

Torino, ventiquattro anni fa l’incendio al Palazzo Reale

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CORPO NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO

Ventiquattro anni fa, Torino si svegliò coperta da un denso manto di angoscia e apprensione. Nella notte un violento incendio distrusse il gioiello barocco della Cappella della Sindone, nell’ala ovest del Palazzo Reale, e mise a serio rischio l’integrità del sacro Lino. Nel cielo persisteva il fumo dell’incendio e decine di Vigili del fuoco si aggiravano tra le macerie dell’incendio, tra i preziosi marmi neri di Frabosa ridotti in briciole e il groviglio di tubi innocenti che, come un’immensa cappa, opprimevano l’intera cappella e i suoi gruppi marmorei, soprattutto l’altare del Bertola che un tempo conteneva la teca con la Sacra Sindone.
Ognuno dei Vigili del fuoco presenti aveva un preciso compito in quello scenario di dolore. Chi spegneva gli ultimi focolai, chi ispezionava ogni centimetro, ogni pertugio alla ricerca di eventuali tracce che potessero avvalorare una tesi piuttosto che l’altra, chi scrutava le strutture ancora calde per percepire ogni millimetrico movimento di ciò che rimaneva della meravigliosa cappella e chi vagava con una macchina fotografica per fissare per sempre quello scempio prodotto dall’insipienza umana. All’esterno, intanto, una folla sbigottita di torinesi si aggirava in un interminabile carosello, accorsi non per un mero gusto voyeuristico ma quasi per una forma di doveroso omaggio all’edificio e a ciò che significa per loro. Gli specialisti del nucleo NSS (oggi SAF, Speleo Alpino Fluviale), insieme agli operatori del Centro Documentazione Video, rimasero per oltre un mese nella meraviglia architettonica della cappella disegnata dal geniale “ingegnere ducale” Guarino Guarini, modenese di nascita e torinese d’adozione. Un mese durante il quale realizzai centinaia di immagini per testimoniare l’avanzata dei lavori di messa in sicurezza.
Nessuno all’infuori di loro poteva salire lassù a decine di metri di altezza e allora le fotografie che realizzarono rappresentarono, per quelli che erano a terra, l’occhio, la visione di quanto accadeva lassù, tra i morbidi costoloni e gli enormi finestroni che fanno della struttura il prezioso tesoro architettonico che tutti conosciamo e ammiriamo.

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