Il “non” campionato.
DINO NEANDRI
Lo chiameremo il campionato della confusione. Della disorganizzazione. Dei protocolli che saltano e delle ASL che comandano. Della caccia all’untore in un’epoca dove nulla è certo, dove gli esiti dei tamponi possono cambiare dall’oggi al domani. Dove è imperativo portare avanti e finire questo campionato che definirlo tale è quantomeno discutibile e che ha allontanato e disamorato milioni di persone, nonostante la fame di sport e di calcio in particolare, antico e abusato “oppio dei popoli”.
Ma c’è da andare avanti in giro per l’Italia e l’Europa, mettendo a repentaglio tanto. Ci sono gli Europei di calcio all’orizzonte già posticipati. Non ha importanza se nel frattempo alcune nazioni non hanno potuto dare la disponibilità ad ospitare partite. Prima ci sono stati gli incontri di qualificazione ai mondiali con alcune nazionali che sono ritornate con giocatori e membri dello staff che poi hanno poi accusato il contagio. In un momento nel quale si contano ancora quotidianamente centinaia di morti non si poteva sospendere/rimandare a vaccinazioni avvenute queste manifestazioni? Definire il campionato in corso “anomalo” significa peccare di buonismo e schierarsi dalla parte di quelli che lo hanno voluto mandare avanti ad ogni costo, certo preservando anche le migliaia di posti di lavoro dell’indotto. Definirlo “regolare” non ci sentiamo neanche di farlo in quanto ogni settimana ci sono state squadre che non hanno potuto mettere in campo la squadra migliore, anzi ci sono stati casi di partite rimandate o giocate al limite. Quindi, forse, non definirlo “campionato” è la definizione che meglio rappresenta il nostro pensiero e ci rimanda direttamente al prossimo torneo, che si spera con qualche presenza in più sugli spalti ed una popolazione interamente vaccinata e libera di respirare e tifare a pieni polmoni.