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Chiamami soltanto Miss REATTORE

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ANDREA OLIVA

Campeggia, ormai da tempo, una polemica sul ritorno al nucleare. La sicurezza in materia è tra le competenze di chi scrive, cioè l’Esperto di terzo grado in Radioprotezione. La fusione nucleare, a dire un processo identico a quel che avviene nel Sole, ma in “formato tascabile”, è l’argomento dominante. Si tratta di un processo che non produce scorie radioattive: per questo viene popolarmente detto “nucleare pulito.” Le sottigliezze tecniche che mi fanno sorridere di fronte a questo nomignolo le trascuro: si risolve un problema senza sapere ancora come affrontare i nuovi che ne deriveranno. Per questo, ammesso che tutto fili liscio, la “cosa” non vedrà la luce prima di venti – venticinque anni da oggi. Nel frattempo, si vuol credere alle energie alternative come valida risorsa. Peccato che il fabbisogno energetico reale richieda ben di più che delle fonti “cuscinetto”! Questo, però, non si può dire.
Fu il Nobel per la fisica Carlo Rubbia a suggerire, quale misura di sicurezza, la costruzione di reattori al Torio, anziché all’Uranio. Il Torio è materia fertile, la cui reattività si arresta quando la sorgente di neutroni che l’ha attivata viene soppressa: se si “stacca la spina”, il giocattolo si ferma. Deve aggiungersi, a ciò, che è possibile sfruttare un sotto-ciclo termodinamico per la vetrificazione in situ delle scorie, strutturando depositi connessi al reattore. In altre parole, resta tutto chiuso in scatola, senza dispersioni nell’ambiente. L’Italia è all’avanguardia in materia: è leader europeo nel trattamento di questi rifiuti. Gli altri Paesi ci pagano per farlo. Speriamo non vinca la Terra piatta.

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