Meno male che Liliana Segre c’è
Alti momenti di vita repubblicana, uomini di statura media. Grandi donne, per fortuna. Liliana Segre non poteva gestire con più delicata maestria un passaggio di consegne per lei – facile immaginarlo – non esaltante. Non è questione di fiamme sul simbolo, ma di passato mai rinnegato, e chi ha l’età si ricorda bene cosa fosse l’Msi negli anni ’70. Non diciamo altro. Diciamo invece che se si concorre democraticamente nell’ambito del gioco costituzionale e si vince, allora si hanno tutti i diritti: alla presidenza del Consiglio come alla presidenza del Senato. Di più non si soggiunga: si scadrebbe nella tirannia dei pedanti e dei moraleggianti.
Ma, visti anche gli scherzi del calendario e delle ricorrenze, Liliana Segre il suo l’ha fatto: ha ricordato quel che accadde cent’anni fa, e così facendo ha rammentato ai vincitori di oggi che non è per i loro ideali di gioventù che hanno potuto vincere, ma esattamente per quelli contro i quali loro combattevano con in mano l’Arco e la Clava, lungo il Cammino del Cinabro. I trionfi della democrazia, poi, sono intessuti dei mediocri merletti della cronaca.