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Pensioni, perché la riforma è un bluff: uscita anticipata per pochi lavoratori e zero turnover

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Poche uscite e senza un turnover vero e proprio con i giovani. Rischia di essere un semi-flop la riforma delle pensioni su cui ragiona il governo Meloni per la legge di Bilancio. Si tratta di una sorta di mini Quota 41, con l’uscita dal lavoro permessa a chi ha 41 anni di contributi e 61-62 o forse anche 63 anni di età.

A parlarne è stato il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon, che ha spiegato come l’esecutivo non voglia tornare alla legge Fornero, ma debba anche affrontare le difficoltà di bilancio. Insomma: i soldi per fare Quota 41 pulita, senza limiti d’età, non ci sono, quindi si può fare solo una lieve riforma di Quota 102, per un costo di circa 1 miliardo di euro (o forse 700 milioni, con un trascinamento nel 2024).

L’attuale regime pensionistico, introdotto dal governo Draghi, aveva una platea di riferimento di circa 16mila persone: circa la metà, però, ha fatto domanda e manca solo un mese alla scadenza. Un numero molto esiguo di lavoratori, quindi, come esigua rischia di essere la platea di riferimento della nuova riforma.

Quota 41, difficile il turnover

Tutto questo, poi, varrebbe sia per il settore pubblico che per il privato, ma senza meccanismi di incentivo del turnover con i giovani il ricambio non ci sarà. Lo si è visto con Quota 100: nei tre anni in cui è stata in vigore, dal 2019 al 2021 non c’è stata alcuna evidenza di maggiore stimolo alle assunzioni. A certificarlo è il rapporto Inps 2021, che cita anche studi del 2020, secondo cui è stato sostituito circa un pensionato su due e non per forza da giovani. Tutte le analisi indipendenti, poi, sono state concordi nell’individuare effetti negativi sull’occupazione, visto soprattutto il mancato obbligo di sostituire i lavoratori nel settore pubblico.

https://www.money.it/pensioni-quota-41

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