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Pnrr, le modifiche del governo: fuori dal piano 9 progetti per 16 miliardi. Dalle misure contro il rischio alluvione alla valorizzazione dei beni confiscati

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Dopo mesi di attesa il ministro per gli Affari europei e il Pnrr, Raffaele Fitto, ha portato nella cabina di regia di Palazzo Chigi la proposta del governo per la rimodulazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che dovrà essere sottoposta alla Commissione europea per il via libera alle modifiche. Dal piano originario escono 9 progetti per un valore di 15,9 miliardi su 191,5, soldi che saranno impiegati per altre misure realizzabili entro il 2026. Gli interventi stralciati saranno comunque “completamente finanziati” in altro modo, è la promessa dell’esecutivo. In parallelo entra nel Pnrr il capitolo RepowerEu, dedicato alla diversificazione dell’approvvigionamento energetico, che vale oltre 19 miliardi. Le proposte di modifica arrivate dalle amministrazioni sono in tutto 144 e riguardano anche le riforme: per esempio il Tesoro vuole rinviare le scadenze relative alla riduzione dei tempi di pagamento della pa.

Che cosa esce dal piano – Tra le infrastrutture, come da attese vengono espunte la tratta ferroviaria Roma-Pescara, due lotti della Palermo-Catania e una parte degli investimenti per l’European rail traffic management system. Le risorse saranno utilizzate su altri lotti delle tratte Napoli-Bari e Palermo-Catania. Dell’elenco degli interventi tagliati fanno poi parte alcuni di quelli che stando alla terza relazione al Parlamento presentavano elementi di debolezza tali da renderli irrealizzabili entro il 2026. Si va dai Piani urbani integrati, che valgono 2,5 miliardi, al sub-investimento 2.1a della missione “Misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico” (a cui erano destinati 1,28 miliardi) passando per 47mila piccole e medie opere dei Comuni per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica (6 miliardi di valore di cui 1 era per le strade, investimento ritenuto inammissibile da Bruxelles) e la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie (300 milioni). Fuori anche l’utilizzo dell’idrogeno nei settori ad altissimi consumi energetici (1 miliardo che doveva andare alla decarbonizzazione della ex Ilva), il potenziamento di servizi e infrastrutture sociali di comunità (725 milioni), la tutela e valorizzazione del verde (110 milioni).

IL FATTO QUOTIDIANO

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