Nordio: “Ora processi più veloci”. Ma con tre leggi li allunga ancora
“La prima cosa da fare è accelerare i processi, rendere la giustizia più efficiente e rapida“, “L’urgenza è velocizzare, i ritardi ci costano due punti di Pil”. Così diceva Carlo Nordio nei giorni del suo arrivo al governo, prendendo lo stesso impegno di tutti i predecessori: ridurre i tempi infiniti dei giudizi italiani.
Una promessa ripetuta ieri al forum di Cernobbio, ricordando che “gli investimenti stranieri sono vulnerati da questa lentezza”. Eppure, a quasi un anno dall’insediamento, del nobile proposito non c’è traccia nei provvedimenti di legge annunciati (tanti) o approvati (pochissimi) dal ministro e dalla maggioranza. Nulla per scoraggiare i ricorsi strumentali degli avvocati, potenziare i riti alternativi e le risoluzioni delle controversie fuori dal processo, snellire il sistema delle notifiche. Anzi, nel penale si apparecchiano almeno tre misure destinate a ingolfare la macchina: l’introduzione di nuovi reati, il ritorno della prescrizione dopo il primo grado, la moltiplicazione dei giudici che dovranno decidere sulla custodia in carcere.
E nel civile? Al netto dell’entrata in vigore della riforma Cartabia (realizzata dal governo precedente) l’impatto di Nordio è stato nullo. Tanto che il ministro delegato al Pnrr, Raffaele Fitto, oggi volerà a Bruxelles per trattare con la Commissione europea lo “sconto” richiesto dal governo sull’obiettivo di ridurre l’arretrato del 90% entro la metà del 2026.