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La strage nella chiesa a Gaza, bombe sui rifugiati

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Redazione ANSA – Almeno 17 persone sono morte nel bombardamento israeliano della chiesa greco-ortodossa di San Porfirio, nel quartiere storico di Gaza City, avvenuto nella serata del 19 ottobre. Si scava sotto le macerie e il bilancio di vittime e feriti sembra destinato a crescere. 

Il Patriarcato ortodosso di Gerusalemme ha espresso la “sua più ferma condanna per l’attacco aereo israeliano” aggiungendo che “prendere di mira le chiese e le loro istituzioni, insieme ai rifugi che forniscono per proteggere cittadini innocenti, in particolare bambini e donne che hanno perso le loro case a causa degli attacchi aerei israeliani sulle aree residenziali negli ultimi tredici giorni, costituisce un crimine di guerra che non può essere ignorato”.

Nella serata del bombardamento la chiesa offriva rifugio a 411 persone, tra queste c’erano 5 membri dello staff di Caritas Gerusalemme, insieme alle loro famiglie. Viola, una tecnica di laboratorio di Caritas Gerusalemme di 26 anni, è stata uccisa insieme al suo bambino e al marito. Tra le vittime ci sono anche la sorella di Viola e i suoi due figli. Ad essere stata colpita è stata la sala adiacente alla chiesa. 

L’esercito israeliano ha riconosciuto di “aver colpito un muro vicino” alla chiesa in un attacco aereo. L’aviazione israeliana stava conducendo raid contro un centro di comando e controllo dell’organizzazione terroristica Hamas usato nel lancio di razzi e colpi di mortaio”. Lo ha detto il portavoce militare Daniel Hagari. “Sappiamo che ci sono state delle vittime e stiamo esaminando l’incidente”, ha aggiunto, ribadendo che “Hamas colloca di proposito le sue postazioni in aree civili usate dai residenti della Striscia di Gaza”.

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