governoIstituzioniPolitics

Politica. Con il premierato, un parlamento ancillare e lo squilibrio di potere

Spread the love

Sulla riforma costituzionale che punta a introdurre l’elezione diretta del presidente del Consiglio il governo accelera. Raggiunta l’unità di intenti nella maggioranza, venerdì il ddl Casellati verrà approvato dal Consiglio dei ministri, con l’obiettivo di arrivare al via libera in Parlamento entro le elezioni europee. A prescindere dai contenuti, c’è una prima ragione di rammarico: su un tema che riguarda le regole di tutti e il futuro stesso della nostra democrazia parlamentare, ancora una volta l’iniziativa non parte dal Parlamento, ma dall’esecutivo, ripetendo uno schema che ha portato poca fortuna a Berlusconi nel 2006 e a Renzi nel 2016: entrambi si videro bocciare dal referendum confermativo i loro progetti di riforma approvati dal Parlamento.

Assisteremo nei prossimi giorni a un palleggio di responsabilità per questo ennesimo “muro contro muro” che ancora una volta impedirà, date le premesse, di approvare la riforma con una maggioranza parlamentare superiore ai due terzi, limite che saggiamente i padri costituzionali hanno imposto per evitare che una parte, anche se maggioritaria, potesse essere in grado di modificare da sola le regole di tutti. Va comunque dato atto a Giorgia Meloni di aver quanto meno aperto al dialogo sulle riforme, dialogo che però è stato in grado di ricompattare la sola maggioranza, con l’adesione ulteriore di Italia Viva (c’è chi sostiene fosse sin dall’inizio questo il vero obiettivo).

Ma, senza fare processi alle intenzioni e passando ai contenuti, la bozza in circolazione suscita più di una preoccupazione in chi ha a cuore, al di là dei tecnicismi istituzionali, la storia della nostra Carta costituzionale e la centralità della persona e del Parlamento, che ne sono – in stretta correlazione l’una con l’altra – la cifra essenziale. Uscendo infatti da una drammatica storia di lacerazione nazionale, i padri costituenti hanno inteso mettere al centro la persona e la comunità in cui essa sviluppa la sua dignità. Disegnando una catena di comando imperniata sul Capo dello Stato e sulle Camere come garanti dell’unità nazionale, più che sul ruolo del governo, giocoforza maggiormente divisivo. Il tema del rafforzamento dei poteri dell’esecutivo si è poi imposto nel tempo, ma la soluzione non può consistere nel trasformare il potere legislativo in una sorta di succursale del governo. Il 55% di seggi garantiti al presidente del Consiglio eletto, contenuto nell’attuale bozza del ddl, rappresenta una soluzione “forte”, a tener presente che persino il presidente americano, intestatario di poteri enormi, si trova non di rado a fare i conti, sulle riforme, con numeri del Congresso non favorevoli.

avvenire.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *