cronacaInternazionale

Cosa sono i campi profughi palestinesi

Spread the love

Esistono da oltre 70 anni e al contrario di quello che dice la parola assomigliano più che altro a città, con infrastrutture mancanti e tassi di povertà elevatissimi

I campi profughi palestinesi sono stati istituiti per lo più dopo la guerra che Israele combatté nel 1948 con diversi paesi arabi, quando circa 700mila palestinesi furono costretti a lasciare le proprie case. Un gruppo più piccolo di campi è stato creato dopo la guerra dei Sei Giorni del 1967. In entrambi i casi i campi pensati per essere temporanei sono diventati città, costruite con strutture in muratura in modo disordinato nel corso dei decenni. Le Nazioni Unite le definiscono «masse ipercongestionate di edifici a più piani con vicoli stretti, fra gli ambienti urbani più densamente popolati al mondo»

I campi profughi sono gestiti dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA), che iniziò a operare nel 1950 per rispondere alle esigenze di circa 750mila persone costrette ad andarsene dalle proprie case dopo quella che i palestinesi chiamano la “nakba”, cioè il grande esodo a cui furono costretti dopo la guerra del 1948. Oggi invece i palestinesi che accedono ai suoi servizi sono 5,9 milioni e negli anni la stessa definizione di “profughi palestinesi” è stata oggetto di discussioni e dispute politiche, perché continuano a essere definite “profughi” persone che sono nate e vivono in insediamenti che nei fatti sono permanenti.

L’agenzia delle Nazioni Unite riconosce questo status a «tutte le persone la cui residenza abituale fosse in Palestina fra il 1° giugno 1946 e il 15 maggio 1948», nonché ai loro figli, nipoti e discendenti per linea paterna. L’UNRWA si è quindi occupata di varie generazioni di profughi palestinesi, che oggi in larga parte sono nati proprio in quei campi profughi.

il post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *