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A Hebron sale la tensione, ‘qui i coloni sparano’

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ANSA – Muhammad Ahmad Nawayah ha 77 anni e da quando era bambino si sente un intruso in un luogo che gli appartiene. Aveva meno di cinque anni quando, dopo il ’48, ha dovuto lasciare casa: lui rappresenta la prima generazione di profughi ancora in vita e testimone della Nakba, come i palestinesi chiamano il grande esodo seguito alla nascita dello Stato di Israele.

Dal 7 ottobre i soldati gli hanno detto di limitare gli spostamenti fuori dalla tenda, che in realtà è un vecchio container reso un po’ più confortevole dai tappeti e circondato da un pollaio. A venti metri di distanza sull’asfalto passano i blindati dell’Idf e della sicurezza privata che sfrecciano lungo la strada 317, l’unica esistente che porta a Yatha, dove ogni giorno nascono nuovi avamposti israeliani, ora avvolti dal terrore che si ripeta anche qui, nella zona di Masafer Yatta, una nuova Intifada come nel duemila: “Ma abbiamo il diritto di stare qui, chi è ebreo sa cosa vuol dire la legge di Dio”, dicono a distanza i coloni del posto col kalashnikov in spalla, rifiutando di farsi avvicinare, mentre i palestinesi all’interno delle proprie case indicano le pietre delle proprie antiche dimore di famiglia, non ancora demolite: finora la loro unica rivalsa.

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