Decreto liste d’attesa, medici in allarme: «Il Governo non tocchi i fondi del Ssn»
Per abbattere le liste di attesa sono necessari investimenti extra senza che vengano impegnate le risorse sempre più contate del Fondo sanitario nazionale già destinate ad altre voci. A chiederlo senza troppi giri di parole sono medici e infermieri preoccupati che il nuovo decreto sulle liste d’attesa in arrivo in consiglio dei ministri il prossimo 3 giugno si trasformi in una vera e proprio beffa per il mondo della Sanità alle prese con finanziamenti che non bastano mai. La prima bozza del decreto non lascia tranquilli il personale sanitario: la copertura ancora non è stata chiarita con il ministero dell’Economia anche se molte misure già sono previste a velere sul Fondo sanitario. Proprio quello che non vogliono medici e infermieri.
Il nodo delle coperture e il ricorso al fondo sanitario esistente
Quello sulle liste d’attesa è del resto un provvedimento molto sensibile – oggi circa 3 milioni di italiani rinunciano a curarsi a causa delle liste d’attesa – che il Governo, con in testa la premier Giorgia Meloni, proverà a giocarsi negli ultimi giorni di campagna elettorale. Il decreto in bozza non è però ancora completo: manca infatti da scrivere l’articolo 25, quello relativo alla copertura finanziaria. Un dettaglio non di poco conto su cui continua da giorni l’interlocuzione con il ministero dell’Economia.
Tra le misure per le quali bisognerà trovare una copertura c’è a esempio quella sulla defiscalizzazione al 15% degli straordinari, che si traduce in minore gettito fiscale.Ma è già comunque chiaro che diverse misure saranno finanziate a valere sul Fondo sanitario nazionale e dunque all’interno del perimetro di risorse già stanziate per il Servizio sanitario: in pratica si rischia di varare il piano sulle liste d’attesa senza troppi fondi freschi.
È il caso a esempio del nuovo rialzo (dopo quello già previsto nella scorsa manovra) dei tetti di spesa per ricorrere al privato, che cresce ancora per un valore che si dovrebbe aggirare sui 450 milioni. Un punto snodale questo del decreto perché – proprio per evitare che le code si allunghino – è previsto che le Asl eroghino almeno il 90% di visite ed esami entro i tempi e per fare questo potranno ricorrere di più «agli erogatori privati accreditati» a cui saranno inviati i pazienti attraverso i Cup.