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La scheda. Ddl-autonomia: cosa prevede, i rischi per il Paese e la partita politica

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AVVENIRE – Il ddl sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario è una legge ordinaria, non costituzionale, che si propone di attuare il Titolo V della Costituzione. In 11 articoli definisce le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. In particolare, definisce le procedure per definire le intese tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’autonomia differenziata.

 Ma ci sono anche istruzione, ambiente, energia, sport, trasporti, commercio estero, cultura. Quattrodici tra esse, definiti diritti civili e sociali, sono materie per le quali occorre rispettare i Lep, Livelli essenziali di prestazione.

I Lep

La concessione di una o più “forme di autonomia” è subordinata, per le materie che implicano prestazioni sociali ai cittadini, come la sanità, alla determinazione dei Lep, Livelli essenziali delle prestazioni, una sorta di “livello minimo garantito” su tutto il territorio. Il governo entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep.

I criteri per trasferire funzioni

L’articolo 4, modificato in Aula al Senato da un emendamento di FdI, stabilisce che l’autonomia alla Regione che la chiede sarà concessa solo successivamente alla determinazione dei Lep e nei limiti delle risorse rese disponibili per i Lep in legge di bilancio.

I tempi per le Regioni interessate

Stato e Regioni, una volta avviati i negoziati, avranno tempo 5 mesi per arrivare a un accordo che dovrà passare sia in Cdm, sia in Conferenza Stato-Regioni sia in Parlamento. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate. Oppure potranno terminare prima con un preavviso di almeno 12 mesi.

La clausola di salvaguardia

L’undicesimo articolo prevede la clausola di salvaguardia che consente al governo di usare il “potere sostitutivo”. Il governo cioè può sostituirsi agli enti locali quando si riscontri che essi siano inadempienti sulle materie per le quali hanno ottenuto l’autonomia.

Questioni economiche e istituzionali aperte

Sull’autonomia differenziata c’è un problema di tenuta dei conti evidenziato dall’Ufficio parlamentare di bilancio. A prescindere dalle funzioni trasferite alle Regioni, l’Upb ha chiesto «una valutazione preliminare dell’impatto finanziario del trasferimento» delle funzioni alle Regioni. L’Upb ricorda che il ddl Calderoli identifica tre tipi diversi di funzioni trasferibili alle Regioni: quelle legate a diritti civili e sociali richiedono una preventiva definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), ma non lo stanziamento di risorse aggiuntive di bilancio; altre funzioni riguardanti diritti richiedono la definizione di Lep ed anche lo stanziamento di risorse di bilancio aggiuntive; e infine funzioni che non richiedono la preventiva definizione di Lep, e che saranno devoluti alle regioni entro i limiti delle attuali risorse. Ma il Servizio di Bilancio, in un dossier pubblicato anche sul sito della Camera, ha osservato che per tutte le funzioni «la presenza di disposizioni di carattere generale, applicabili a prescindere dalle funzioni trasferite, impongono comunque quanto meno una valutazione preliminare dell’impatto finanziario del trasferimento».

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/autonomia-cosa-prevede-i-rischi-e-la-partita-politica#google_vignette

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