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Violenza sulle donne, a Roma chiudono una casa rifugio. Un bagno di realtà per il Codice rosso

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“Oggi viene presentato il governo della discontinuità ma noi da qui, Roma, pianeta Terra, non registriamo alcun cambiamento se non ingiustizia, accanimento e la solita incompetenza e incapacità politica”. Il 29 agosto scorso le attiviste femministe della Casa rifugio Lucha y Siesta hanno ricevuto una lettera che comunicava la sospensione delle utenze e l’imminente sgombero dell’immobile di via Lucio Sestio, dove al momento sono ospitate 15 donne e sette bambini vittime di violenza.

Nella struttura in 11 anni sono state ospitate centinaia di donne. “E’ così – scrivono le attiviste – che Comune, Atac e tribunale vogliono decretare la fine di una delle esperienze socioculturali più preziose della città, e la soppressione del Centro antiviolenza e della Casa rifugio per donne che vogliono uscire dalla violenza più grande di Roma e della Regione Lazio. Da una parte quindi, il Comune di Roma, che fa della violenza contro le donne una vetrina politica, sceglie la precarietà dei bandi e lo svuotamento dell’approccio femminista al contrasto di questo fenomeno senza tutelare la prevenzione, la sostenibilità dei percorsi di fuoriuscita e la cultura che lo alimenta. Dall’altra l’Atac, affogato dai debiti per una storica cattiva gestione, svende il patrimonio a favore dei soliti noti speculatori. La brutale accelerazione delle procedure di sgombero, nonostante le inconsistenti rassicurazioni dell’ultimo anno, oltre a causare sconcerto e apprensione per il futuro tra chi vive nella struttura fa supporre che esista già un acquirente”.

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