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Il senso del sacrificio della vita di Salvo D’Acquisto a 80 anni dalla morte

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Il 23 settembre del 1943 Salvo D’Acquisto, giovane vicebrigadiere della stazione dei carabinieri di Torrimpietra, vicino a Roma, fu fucilato dagli occupanti tedeschi, dopo essersi autoaccusato di essere il solo responsabile di un attentato in cui che aveva provocato la morte di un soldato tedesco e il ferimento di altri due commilitoni. Per il vero non vi era stato alcun attentato: i soldati tedeschi, rovistando una cassa di munizioni nella caserma della Guardia di Finanza della vicina Torre di Palidoro, la sera del 22 settembre, avevano involontariamente provocato lo scoppio di una bomba.

Per mascherare la propria imperizia e, ancor più, per terrorizzare preventivamente la popolazione, trasformò l’incidente in un attentato e rastrellò 22 civili innocenti a Torrimpietra per fucilarli come rappresaglia. Furono, quindi, portati in un camion davanti alla Torre di Palidoro e obbligati a scavare la propria fossa comune.

Salvo D’Acquisto, in assenza del brigadiere, dopo aver tentato inutilmente di riportare alla realtà dei fatti il comandante delle SS, con fermezza si rifiuta di fare i nomi degli autori dell’attentato mai avvenuto. Per salvare i 22 malcapitati, dopo aver ottenuto la promessa della loro salvezza, si autoaccusò di essere il solo responsabile e affrontò dignitosamente la fucilazione da parte del plotone d’esecuzione, “imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma”, come recita la motivazione con la quale gli fu concessa la medaglia d’oro al valore militare.

interris.it

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