Stephen HAWKING: la fine di una stella
ANDREA OLIVA
Il buco nero rappresenta uno dei modi nei quali una stella “muore”: una delle trasformazioni in seguito alle quali la stella smette di brillare. E’ impossibile chiarire, in poche righe, l’importanza dei contributi di Hawking alla cosmologia e alla teoria dei buchi neri. Diremo che il fondamento del progresso scientifico è nella ricerca della sintesi, che significa astrazione con lucidità di giudizio: poche leggi dalle quali ricavare ogni esito possibile; l’evasione da ogni pensiero non necessario, attraverso una mirabile economia nelle operazioni mentali. Le forze della natura sono varie e diverse: la gravità, che ci tiene, letteralmente, ancorati al buon senso, con i piedi per terra; la forza elettrica, il cui effetto sono le bollette; le forze nucleari, che, nel 1987, hanno perso un referendum; la forza delle calamite che si attaccano al frigo. Teoria del Tutto significa che queste forze sarebbero spiegate con un solo modello, dal quale ricavare, agilmente, ogni fatto della fisica. Siccome il buco nero è la manifestazione estrema della gravità, conoscerne i segreti concorre ad una visione del Tutto.
La storia della scienza, però, è fatta dall’uomo, che è una corda tesa fra il bruto e l’eccellenza suprema. Uno dei contributi più importanti, ad una visione unitaria, si deve ad Higgs: la scoperta della “particella di Dio”, da lui teorizzata, conferma la correttezza della teoria. Hawking, sbagliando, contestava Higgs con un pizzico di sdegno; quando l’esperimento della nostra Fabiola Giannotti diede ragione ad Higgs, Hawking ammise l’errore, ma si conservò sempre un po’ pungente. Diciamolo con forza: queste scoperte, e l’ordine teorico che ne deriva, maturano anche in importantissime applicazioni sanitarie, nella diagnostica e nella terapia; non sono mai capricci da scienziati polverosi.