La soddisfazione lavorativa
GIUSEPPE ROTUNDO
Tanti ne parlano, molti la sognano, tutti la vogliono. È la soddisfazione sul luogo di lavoro. Come si misura? Cosa distingue una persona lavorativamente soddisfatta da chi non lo è? E quanto questo può influenzare le performance generali di un’intera organizzazione? Le dimensioni che caratterizzano e possono influenzare una sensazione positiva a lavoro sono diverse:
la natura del lavoro che si svolge, le capacità dei supervisori, gli aspetti retributivi, le opportunità di sviluppo e crescita, la relazione con i colleghi. La ricerca ha rilevato che i livelli medi di soddisfazione lavorativa sono cresciuti costantemente dal 2008 al 2018
Ma la drammatica parentesi pandemica, che ci ha travolti ad inizio 2020, ha pericolosamente invertito la tendenza, al punto che oggi, solo la metà dei lavoratori dichiara di essere soddisfatta sul proprio posto di lavoro. Ovviamente la relazione tra appagamento dei dipendenti e loro produttività è molto forte. Dipendenti più bilanciati, rispetto alle varie caratteristiche della loro professione, coincidono molto spesso con dipendenti più produttivi. Qualità dei prodotti, tasso di innovazione, soddisfazione dei clienti serviti dall’azienda, turnover dei dipendenti, fenomeno dell’assenteismo, sono tutte conseguenze dirette, positive o negative, di quanto si è felici a lavoro. È dunque fondamentale che i manager si interessino ai comportamenti dei loro dipendenti, poiché possono essere un campanello d’allarme. Qualunque attività i responsabili possano porre in essere per migliorare gli atteggiamenti delle risorse umane a loro assegnate, avrà come probabile esito un incremento dell’efficacia organizzativa. E questa finirà con il condizionare inevitabilmente in positivo anche i risultati economici dell’azienda.
Giuseppe Rotundo
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