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Quei barili “avvelenati” che nessuno vuole ripescare

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Era gli anni ’50 e ’60, 23.000 barili contenenti mercurio e proprietà di un sito industriale di Stockvik, in Svezia, vennero scaricati in mare al largo di Sundsvall, sulla costa orientale.

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Allora, non esistevano nel Paese scandinavo leggi ambientali per impedirlo e la situazione venne un paio d’anni dopo a galla, perché dei pescatori iniziarono a trovare i barili impigliati nelle proprie reti. Oggi la questione torna prepotentemente d’attualità: con il passare del tempo ci si è infatti resi conto che le sostanze contenute nei recipienti diventano sempre più tossiche.

Il contenuto dei barili è molto probabilmente cloruro mercurico. E questa è una sostanza già di per sé molto tossica. Ma una volta rilasciata in natura, può essere convertita in questo mascalzone, il Metilmercurio, che è ancora più pericoloso

Dan Bylund Professore alla Mid Sweden University

Oggi, mentre i barili arrugginiscono e il mercurio minaccia di avvelenare il mare, è in corso un processo per stabilire chi dovrà incaricarsi di rimuoverli. L’azienda responsabile, la Stockholms Superfosfat Fabriks AB (poi nota come KemaNord) non esiste ormai più, ma il consiglio di amministrazione della contea ha identificato tre società, che dovrebbero prenderne il testimone e occuparsi di ripulire il mare: Fortum Ljunga Kraft AB, Fortum Sverige AB e Bygglim Sverige AB. Le tre aziende, però, rifiutano qualsiasi incarico.

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