Utero in affitto, la barbarie della “pancia a noleggio”
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…….Volendo anche tralasciare per un attimo ogni discorso di ordine etico e morale, non è possibile però ignorare quanto dicono la scienza e decenni di ricerca sulla fisiologia della gravidanza e del parto. Il fatto che viviamo nove mesi nell’utero di nostra madre non è un’esperienza indifferente, c’è una comunione fisica, biologica ed emozionale. Non ci passa solo le sostanze per vivere, ma anche ormoni e serotonina che influenzano il nostro cervello. Il legame fetale è di fondamentale importanza e condiziona molti aspetti della strutturazione del corpo e della personalità del nascituro.
Non a caso, infatti, l’industria dell’utero in affitto, che in tutto il mondo muove miliardi dollari (un bambino ottenuto da una donna statunitense o canadese può arrivare a costare anche 150mila $, tariffe più ridotte invece per le gestanti del terzo mondo) obblighi le madri surrogate a firmare contratti capestro, in cui si chiede alla donna “contenitore” di non instaurare un rapporto emotivo con il feto. Le ragazze sono spronate a pensare che quel bambino non sarà il loro, che lo stanno facendo per altri. Apposite postille dell’accordo invitano persino a non accarezzare la pancia. Insomma per evitare qualsiasi legame affettivo non solo si utilizzano ovuli (acquistati anch’essi) diversi da quelli della gestante ma si chiede a quest’ultima, che viene bombata da ormoni anti-rigetto, di portare avanti la gravidanza come una macchina incubatrice.