cronaca

Esuli e martiri: il dramma istriano, dall’esodo alle foibe

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“Conservare e rinnovare la memoria” è il mandato che ci è stato assegnato dalla legge 92 del marzo 2004. E a pensarci bene scriverlo è stato utile, non solo per istituzionalizzare il ricordo ma per aiutare le nostre coscienze a tenerlo vivo. Non è un caso che il Giorno in cui l’Italia ricorda le vittime dell’esodo istriano e delle foibe abbia richiesto che la parola fosse scolpita nella dicitura, oltre che istituzionalizzata. Perché per decenni la memoria non ha dato il suo apporto, troppo a lungo il nostro Paese ha lasciato che la nebbia del tempo cancellasse, o semplicemente oscurasse l’espatrio forzato degli italiani in territorio istriano, dalmato e giuliano consentendo alla tragedia dei campi profughi degli esodati di confondersi con i tanti drammi del secondo dopoguerra. Così come ai martiri delle foibe di restare laggiù, dimenticati a centinaia di metri dalla luce del sole. Gli italiani e gli oppositori della nuova Jugoslavia a guida Tito lasciarono case, attività, proprietà e beni al di là dell’Adriatico, estromessi come cittadini e privati in un colpo solo di quanto costruito fin lì. In tanti scelsero l’Italia, per nazionalità e per vicinanza, senza probabilmente immaginare che dopo la cacciata incombesse su di loro lo spettro della diffidenza e del pregiudizio.

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