Vigili del fuoco

Implicazioni psicoemotive e nuovi paradigmi organizzativi nella risposta dei vigili del fuoco all’emergenza epidemiologica da Covid-19 – PARTE PRIMA

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di Luigi De Luca – [Direttore Coordinatore Speciale del CNVVF, Sociologo

Articolo pubblicato sul giornale IL FARO- nella rubrica dei Vigili del Fuoco

Un pezzo di storia del nostro Paese

Sin dalla costituzione in “Corpo Nazionale”, ovvero dal 1939, i Vigili del Fuoco in Italia hanno custodito, mantenuto e sviluppato un bagaglio di conoscenze e di competenze sulle possibili conseguenze dell’utilizzo pacifico dell’energia nucleare in tempo di pace, anche attraverso la gestione di una rete di rilevamento ed allarme dei livelli di radioattività ambientale.

Questa rete di monitoraggio è in funzione dagli anni ‘60 sull’intero territorio nazionale e, soprattutto dopo la sua automazione (avvenuta a partire dagli anni 2000), costituisce una componente strategica nei sistemi di Difesa Civile del nostro Paese.

Al tempo stesso, la gestione ordinaria e quotidiana di interventi di soccorso per incendi ove si sviluppano fumi e gas di combustione anche estremamente pericolosi e di scenari emergenziali che, talvolta, riguardano anche lo spandimento o la dispersione in atmosfera di sostanze chimiche o agenti biologici di vario genere, ha portato l’organizzazione dei vigili del fuoco a sviluppare un complesso know how che si è ulteriormente specializzato a seguito degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 a New York.

Da tempo, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco è depositario di una expertise rivolta al contrasto di eventi incidentali o atti deliberati nei quali siano coinvolte o utilizzate sostanze definite “non convenzionali”, ovvero di origine Nucleare, Biologica, Chimica o Radiologica (NBCR).

Questa specifica expertise ha consentito lo sviluppo di una diffusa e radicata cultura organizzativa sull’uso e l’impiego di Dispositivi di Protezione Individuale come sistemi complessi di protezione delle vie respiratorie e tute protettive di ogni genere e categoria da utilizzare, ove necessario, per garantire anche l’isolamento totale del soccorritore dallo scenario nel quale si trova immerso.

I Nuclei “NBCR”dei Vigili del Fuoco presenti su tutto il territorio nazionale rappresentano, dunque, un’eccellenza nell’intero panorama del sistema di Protezione Civile.

Una crisi lenta e strisciante

I Vigili del fuoco hanno sviluppato un’elevata capacità d’intervento in situazioni di rischio elevato e incombete su scenari di crisi già ampiamente compromessi da eventi naturali (terremoti, alluvioni, ecc.) o antropici (incidenti industriali rilevanti, ecc.) piuttosto che potenzialmente destinati ad una rapida evoluzione critica.

Una crisi lenta e silente come quella che stiamo vivendo, rischia di uscire fuori dalle ordinarie previsioni di scenari incidentali e dai relativi schemi di risposta (anche complessi) sviluppati da un’organizzazione (come quella dei Vigili del Fuoco) orientata principalmente al soccorso tecnico urgente in relazione ad eventi a rapido sviluppo ed anche di rilevante intensità.

Una crisi “strisciante” esce fuori anche dagli schemi di risposta standard introiettati dal vigile del fuoco che, nell’attività di formazione e addestramento, riceve un forte condizionamento sulla necessità di mettere in campo procedure operative codificate in funzione dello scenario nel quale si trova ad operare.

Uno scenario così “impalpabile” potrebbe generare nel soccorritore una sensazione di impotenza e di inefficacia che, qualora diventasse sensazione di non avere gli strumenti appropriati (conoscenze, competenze e attrezzature), potrebbe alimentare l’insorgere di vissuti emotivi caratterizzati da ansia, senso di impotenza e di inadeguatezza.

Frustrazione e senso di impotenza si contrastano con la consapevolezza delle proprie possibilità, delle proprie eccellenze e dei propri limiti, delle cose che stanno sotto al nostro controllo e di quelle che, al contrario, sfuggono al nostro controllo e, talvolta, anche alla nostra comprensione.

Le nostre azioni hanno un’efficacia che non può andare oltre alle nostre possibilità oggettive, alla nostra sfera d’influenza, alla nostra capacità di interagire concretamente con il contesto nel quale siamo immersi, sul piano individuale, di gruppo o attraverso la nostra organizzazione di appartenenza.

Maggiore è l’incertezza delle nostre azioni, maggiore sarà il livello di ansia che ci troveremo a gestire.

L’ansia si può combattere abbassando il livello di incertezza:

  • attraverso l’acquisizione delle informazioni che ci servono da fonti verificate e accreditate
  • consolidando le competenze necessarie attraverso sessioni di addestramento e di re-training.
  • verificando e confrontando l’efficienza e l’efficacia delle procedure operative e dei protocolli che stiamo seguendo e mettendo in atto
  • imparando ad utilizzare, soprattutto in emergenza, un linguaggio comune, semplice diretto e condiviso.

L’ansia è il nostro più grande nemico, è la prima cosa che dobbiamo contrastare, perché ci accompagna per mano verso una pericolosa sensazione di perdita di controllo di noi stessi, delle nostre azioni, di quello che ci accade o che temiamo ci possa accadere. Una condizione psicoemotiva che costituisce l’anticamera di un potenziale vissuto di panico.

L’ansia va riconosciuta, accolta e gestita attraverso la consapevolezza delle proprie scelte e del proprio ruolo e contrastata con una coerenza di fondo tra pensiero, azione ed emozione. Una coerenza che generi un comportamento congruo e autentico, finalizzato al raggiungimento di un obiettivo comune e condiviso.

Tutti i vigili del fuoco che hanno compiti di coordinamento operativo, ricevono una formazione orientata a sviluppare capacità di risoluzione dei problemi (problem solving) e di presa di decisione (decision making) che vanno a consolidare i processi decisionali euristici fondati sulla trascorsa esperienza operativa.

Trarre dall’esperienza operativa le capacità di risoluzione creativa dei problemi nel caso in cui gli schemi precostituiti si rivelino inadatti o non consentano di raggiungere i risultati attesi, imparare dall’esperienza, imparare “dalle” emergenze e “nelle” emergenze, diventano fondamentali e preziose competenze da utilizzare proprio quando gli scenari in cui si interviene sono nuovi e vanno oltre gli schemi di risposta dal “saper fare” consolidato e dalle procedure operative codificate.

E’ proprio questa competenza dell’“imparare ad imparare” che consente al soccorritore vigile del fuoco di affrontare  e gestire scenari emergenziali e gli conferisce la capacità di leggere il rischio in chiave evolutiva, attraverso la necessaria flessibilità mentale ed un’attenta capacità di lettura fenomenologica del contesto, soprattutto in situazioni critiche nuove e complesse.

Questa capacità adattiva viene, in genere, supportata e integrata attraverso lo sviluppo di buone capacità resilienti, sia sul piano individuale che nella dimensione collettiva del gruppo e dell’organizzazione.

La resilienza della squadra operativa diventa infatti, e non solo sul campo, un importante fattore protettivo, in termini fisici e psicologici e costituisce il nucleo fondante di un’organizzazione resiliente.

In altre parole, le capacità dell’“imparar facendo” e dell’“imparare ad imparare”, fondate sulle capacità adattive, sulle capacità resilienti e sulle capacità di pensiero sistemico, definiscono le competenze “non-teniche” necessarie ad affrontare situazioni anche del tutto nuove, particolarmente critiche e complesse.

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